I “garage wine” di Jean Luc Thunevin

Il nome di Jean Luc Thunevin nel mondo dei vini è ormai una leggenda.

Impiegato bancario prima, commerciante poi, è alla fine degli anni Ottanta che Jean Luc Thunevin e sua moglie Murielle Andraud decidono di dedicarsi alla produzione di un proprio vino.

Di qui l’acquisto in saldo di un piccolo appezzamento con viti vecchie di 30-40 anni – meno di un ettaro – nella valle di Saint-Émilion.

È del 1991 la prima annata del Château Valandraud che darà inizio alla fama di Jean Luc Thunevin e alla sua veloce ascesa, facendolo conoscere come ispiratore di quelle produzioni che poi verranno indicate come “garage wine”.

Passione e determinazione che da quella prima annata di vinificazione effettuata nella loro autorimessa (annata non particolarmente buona, come ritiene Thunevin stesso, ma di certo un buon inizio per la produzione di un vino d’eccezione) porta Thunevin e sua moglie, responsabile dell’accurata supervisione delle lavorazioni nei vigneti, a un vino che in breve tempo ottiene le migliori valutazioni e che fa salire vertiginosamente il prezzo della microproduzione dei coniugi Thunevin.

Ma il Château Valandraud non è l’unico sbalorditivo risultato del lavoro appassionato di Jean Luc Thunevin: di qui, con una continua ricerca di miglioramenti tecnici e l’impiego di metodi sia tradizionali che moderni, nascono molte altre eccellenze, nonché quel movimento che va sotto il nome di “garage wine”, termine coniato per indicare chi, come Thunevin, iniziò negli anni Novanta a contrapporsi allo stile tradizionale di vinificazione, privilegiando le piccole produzioni.

“Vini da garage”, oppure “de boutique”, come sono stati chiamati. Ed anche: “vini da salotto” o “vin de jardin”. Comunque sia, come dice Jean Luc Thunevin stesso, “a denominazione di origine incontrollata”, ovvero realizzati con procedure che si discostavano dalle regolamentazioni dell’epoca.

Sfogliatura sistematica, vendemmia verde, accurata selezione di pochi grappoli per pianta, uve che vengono raccolte non prima di aver raggiunto la maturità ottimale, quindi, dopo una vendemmia rigorosamente effettuata a mano, un’ulteriore selezione delle uve.

Successivamente, una fermentazione in legno e acciaio inox o cemento, quindi il passaggio in barriques di rovere nuove al 100% e di qui l’attesa, a seconda della qualità della vendemmia, tra i diciotto e i trenta mesi. Infine, nessuna filtrazione prima dell’imbottigliamento.

È il suo tenace anticonformismo che ha dato la fama a Jean Luc Thunevin, al tempo considerato una pecora nera, vista la sua ribellione alle regolamentazioni di legge.
Un “cattivo ragazzo”, come lo chiamò un noto giornalista del tempo. Da questo appellativo, il nome del suo famoso Bad Boy: un bordeaux “classico”, secondo le normative in vigore nel 2007, da cui, con le successive disposizioni di legge, è poi nato un Baby Bad Boy, realizzato con assemblaggi inediti (merlot e grenache).

Da allora la famiglia dei vini Thunevin è cresciuta, a partire da una frizzante Bad Girl, un bianco Bad 100% Chardonnay e un Bad Boy 100% Syrah, che assieme a molti altri sono proposti da Jean Luc Thunevin nella sua enoteca situata nel centro storico della città medievale di Saint-Émilion e che anche noi di Ercoli proponiamo alla nostra clientela.

Vini che hanno dato il via a produzioni “intelligenti”, divenute simbolo di grande qualità anche in Italia, a partire da quelle pionieristiche in Friuli, Piemonte e Toscana.

Ed ecco così che da “cattivo ragazzo”, nato in Algeria nel 1951, impiegato bancario, ribelle ai protocolli enologici del tempo, Jean Luc Thunevin è diventato non solo il fulcro di un’azienda vinicola multimilionaria, ma anche l’indiscusso promotore di quelle piccole ed ottime produzioni che hanno seguito il suo esempio di costante ricerca della qualità.

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